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XVI SECOLO D.C.

La comunità ebraica di San Daniele del Friuli

La presenza di una comunità ebraica in San Daniele del Friuli ha origini antiche, documentabili dal Cinquecento fino ai primi decenni del Novecento. Tale presenza ebbe carattere pressoché stabile e il nucleo israelitico esercitò un ruolo di una certa importanza all’interno della comunità locale. Le prime famiglie di prestatori ebrei si insediarono a San Daniele fin dagli inizi del XVI secolo, come attestato da una condotta datata al 1523. Il contratto, approvato dal patriarca Giovanni Grimani, consentiva ad un certo Simon Nantua, già attivo sulla piazza di Udine, di esercitare il prestito su pegno nel centro collinare, garantendo nel contempo a lui e alla sua famiglia il diritto di residenza, la protezione contro eventuali atti di violenza e la possibilità di praticare la propria religione. Nel Seicento la conduzione del banco dei pegni passò dalla famiglia Nantua ai Luzzatto, che esercitarono l’attività feneratizia fino alla soppressione definitiva del banco, nel 1714, a seguito della costituzione del Monte di Pietà. L’attività di prestito continuò in forme diverse, che prevedevano il saldo dei debiti mediante la concessione dell’usufrutto dei terreni da cui si ottenevano rendite in derrate alimentari, successivamente immesse sul mercato. Nella Villa di San Daniele gli Ebrei furono trattati con una certa indulgenza, non essendo costretti a portare il segno distintivo, dietro il pagamento di dieci ducati, e senza l’obbligo di risiedere in un ghetto. Le famiglie si distribuirono così in diverse zone della cittadina, soprattutto in centro, nelle attuali via Andreuzzi, piazza Cattaneo, via Garibaldi, via Mazzini, via Umberto I, via Cavour, via Corta, via Manzoni, via Sottoagaro, piazza Pellegrino da San Daniele. Con la soppressione del Patriarcato, nel 1751, e dopo la morte dell’ultimo presule, Daniele Dolfin nel 1762, la situazione di relativo benessere fino ad allora goduta venne a modificarsi e si aggravò con la promulgazione delle nuove norme emanate dalla Ricondotta nel 1777: la più importante fu l’ordine di espulsione di tutti gli Israeliti soggetti a Venezia che non possedevano il diritto di incolato (ovvero di residenza) o che non vivevano in un ghetto.

Le attività economiche

Le sorti del piccolo nucleo ebraico sandanielese furono strettamente intrecciate alle vicende delle famiglie Nantoa, Luzzatto e Gentilli (Hefez), ma non vanno dimenticati i Sullam, i Capriles, i Caravaglio e i Lolli che, per periodi di tempo più limitati, trovarono ospitalità nella nostra cittadina. Queste famiglie, oltre a dedicarsi al prestito su pegno, si occuparono anche di commercio di cereali, di bozzoli, di filatura della seta, della vendita di ferramenta e panni usati, di varie attività artigianali, di apicoltura, di oreficeria e di allevamento di bestiame, di commercio di tabacco e di produzione di laterizi. Dalla fine del Seicento fino alla fine del Settecento ben quattro furono i membri della famiglia Luzzatto di San Daniele che si laurearono in medicina a Padova, esercitando poi la professione a San Daniele. L’insediamento ebraico sandanielese non fu mai molto numeroso: nel 1764 contava 94 persone divise in 18 nuclei, in larga parte riconducibili alla famiglia Luzzatto, a cui si affiancavano i Sullam, i Gentilli, i Lolli e i Basevi. Una certa espansione, favorita dalla protezione del Patriarca, si registra soprattutto durante il Settecento; a quell’epoca, infatti, risalgono la risistemazione della sinagoga, il trasferimento di nuove famiglie e l’uso del cimitero. Gli affari e le relazioni con il potere erano gestiti dalla famiglia che poteva vantare il maggior prestigio, oltre che la maggiore forza economica. La piccola comunità sandanielese era, quindi, costituita da una famiglia dominante – nel Settecento i Luzzatto e nell’Ottocento i Gentilli – intorno a cui ruotavano singoli e famiglie di passaggio. L’inserimento stabile di queste ultime all’interno del tessuto cittadino a volte veniva fermamente avversato dagli Ebrei locali, che temevano la concorrenza dei nuovi venuti.

XVII-XVIII SECOLO D.C.

La comunità dopo le norme imposte dalla Ricondotta nel 1777

Dopo la soppressione del banco dei pegni e l’espulsione deli Ebrei determinata dalle norme emanate nel 1777, molti appartenenti alla comunità di San Daniele si rifugiarono a Gorizia, posta al di fuori della Repubblica veneta, e a Trieste, divenuta polo attrattivo grazie alla politica di Giuseppe II, che favorì in ogni modo l’insediamento dei nuovi venuti, intuendo le possibili e benefiche ricadute economiche per il territorio. L’esilio forzato causò tuttavia solo una temporanea estinzione della comunità locale sandanielese. Si deve al dottor Isacco Luzzatto (1730-1802) la ripresa, sia pure numericamente contenuta, dell’insediamento dopo il 1778. Uomo molto colto e stimato per le doti umane e professionali, autore di componimenti poetici e di un testo di natura satirica sugli Ebrei di San Daniele, fu richiamato nella cittadina collinare in occasione di una grave epidemia. Egli accettò di rientrare per prestare le sue cure, a condizione che i suoi connazionali potessero vivere nello stesso luogo. Vennero così richiamati a San Daniele altri Israeliti, ma in pochi accettarono in quanto già stabilitisi altrove. Isacco Luzzatto vi abitò fino alla fine dei suoi giorni, così come la sua progenie: le figlie, Stellina e Bersabea, sposarono rispettivamente Simone Gentilli e Benedetto Luzzatto, assicurando fino ai primi anni del Novecento la continuità dell’antico nucleo. A cavallo tra l’Otto e il Novecento, tale nucleo fu progressivamente assimilato a quello di Udine e quest’ultimo, nei primi anni Trenta del XX secolo, venne a sua volta definitivamente accorpato alla comunità israelitica di Gorizia. Il fenomeno di concentrazione nelle grandi città fu comune all’ebraismo italiano soprattutto a partire dall’età dell’Emancipazione, quando, intorno alla seconda metà dell’Ottocento, vennero abolite tutte le restrizioni, compreso l’obbligo di risiedere nei ghetti, e si riconobbe ovunque la piena equiparazione giuridica degli Ebrei. Le prime aperture in tal senso si devono già al governo francese, alla fine del Settecento.

XIX SECOLO D.C.

Gli Ebrei tra il XIX e il XX Secolo

I pronipoti del dottor Isacco Luzzatto, nati intorno alla metà dell’Ottocento, diedero vita con le loro famiglie al nucleo ebraico più rappresentativo di San Daniele. In accordo con le direttive dei padri, si sposarono fra cugini al fine di conservare il patrimonio, la continuità delle attività commerciali e l’osservanza alla Legge. Fu questo un periodo in cui gli ebrei di San Daniele rimasero immuni dalle dilaganti tendenze secolarizzatrici che caratterizzavano il panorama ebraico nazionale. Il loro particolare attaccamento alla Tradizione si fondava sul fatto che la comunità era compatta, improntata su forti legami familiari e perciò particolarmente conservatrice, e che manteneva stretti contatti anche con le vicine comunità di Gorizia e Venezia.  I Luzzatto e i Gentilli, molto ben inseriti nel tessuto sociale locale, si occupavano di attività commerciali ed imprenditoriali: vendita ed acquisto di stracci e ferri vecchi, commercio di formaggi, olii, droghe, granaglie e filatura della seta. Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento i Gentilli gestivano un negozio di coloniali e un’osteria, commerciavano in granaglie, vendevano oche grasse kasher, esportavano vitelli, si occupavano di commercio di vini e di semi bachi. Nei primissimi anni del Novecento i nuclei residenti a San Daniele erano sei ed abitavano in via Andreuzzi ai numeri 4, 5 e 9, in via Cairoli 12, in via Indipendenza 21, in via Fontanini 7. Si trattava delle famiglie di Giuseppe Gentilli, di Eugenia Gentilli Cignolini, di Raffaele Gentilli, di Ida Gentilli Sachs, di Benedetto e di Isacco Gentilli.
Durante i primi decenni del Novecento i discendenti dei Luzzatto e dei Gentilli cominciarono ad emigrare verso altre località, come Mereto di Tomba, dove avviarono attività commerciali, e Udine, città in cui si erano trasferite già a partire dal primo Ottocento alcune famiglie provenienti da San Daniele, perché attratte dalle buone possibilità di espansione economica offerte dall’ambiente cittadino. Qualche famiglia rimase nel centro collinare durante la Prima guerra mondiale, ospitando ufficiali italiani; durante la rotta di Caporetto si rifugiò a Bologna, per ritornare a San Daniele, duramente provata dai danni dell’occupazione austro-tedesca. Il nucleo ebraico sandanielese fu progressivamente assimilato da quello udinese e quest’ultimo, a sua volta, venne definitivamente accorpato alla comunità ebraica di Gorizia nei primi anni Trenta. Nel 1929, Raffaele Gentilli, negoziante e prestatore nato a San Daniele nel 1876, fu nominato presidente della neo-costituita comunità Udine-San Daniele e dal 1931 al 1938 ricoprì il ruolo di vice presidente della comunità ebraica di Gorizia.

XX SECOLO D.C.

Le tracce della presenza ebraica oggi

A San Daniele del Friuli rimangono oggi scarse tracce della presenza ebraica, nonostante la lunga durata dell’insediamento; l’evidenza più significativa è rappresentata dal cimitero ebraico settecentesco situato nei pressi del torrente Ripudio e del laghetto di San Daniele-Ragogna, sulla vecchia strada per Muris. Vi si conservano oltre una settantina di lapidi in pietra, di recente prese in esame nel volume I cimiteri ebraici del Friuli, a cura di Mauro Perani, Pietro Ioly Zorattini e Antonio Spagnolo (Ed. La Giuntina 2018). Una vera e propria anagrafe incisa sulla pietra, preziosa per i dati storici, sociali ed economici che se ne possono desumere. Da notare che il cimitero sandanielese venne inizialmente destinato ad accogliere le spoglie dei defunti della locale comunità e solo a partire dal 1751 poterono essere inumati anche gli Ebrei residenti a Codroipo, Chiavris e Spilimbergo. Prima della sua costruzione, gli ebrei di San Daniele venivano sepolti a Udine, nell’antico cimitero di calle Agricola e, nel XVII secolo, anche a Conegliano.

XX SECOLO D.C.

Lapidi

Se un chiaro richiamo al nucleo ebraico si ritrova nel vecchio toponimo di piazza Cattaneo, chiamata in passato la Plazute dai Ebreos perché vi risiedevano le famiglie dei Luzzatto e dei Gentilli, nulla rimane della vecchia sinagoga, situata in un cortile interno di via Andreuzzi, di fronte a piazza Cattaneo, e demolita negli anni Sessanta del Novecento. Della struttura sappiamo che aveva pianta rettangolare e conservava al centro la tevà in pietra, ossia il pulpito da cui si legge la Torà; i sedili erano disposti lungo le pareti e in alto stava il matroneo ligneo. Sulle pareti erano dipinti versetti della Bibbia.

Arredi sacri

Gli arredi sacri, l’arca santa e i libri, salvatisi dalle devastazioni della Grande Guerra – quando il tempietto fu utilizzato per il ricovero dei cavalli dagli austro-tedeschi – vennero prima trasportati a Udine, alla fine degli anni Venti, e successivamente a Gerusalemme, nel Museo del tempio del rito italiano, dove sono tuttora esposti.

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